"Assorbiva le sensazioni del corpo e si imbeveva delle fantasie che trascorrevano labili tra gli occhi e la mente. La corrente dei ricordi lo trascinava in una deriva nella quale si amalgamavano immagini, suoni, parole provenienti da epoche diverse della sua vita passata"
Il protagonista di questo breve e patito romanzo è un poeta sessantaquattrenne che nella seconda metà del Trecento, durante un’ordinaria giornata, sente addosso il tormento degli anni e della memoria: quel poeta è Francesco Petrarca. Ormai anziano, il "poeta laureato" vive nei ricordi, nel rimpianto di una giovinezza dedita ai piaceri, alla vanità della gloria. Il profilo del poeta toscano che emerge dalle pagine appare in un primo momento desolante e spiazzante. Petrarca, infatti, è descritto nel suo essere intrattabile, incline alla coprolalia; è descritto nella sua solitudine di uomo che attende la morte e la fama eterna. E intanto che scorre il giorno, assistiamo il poeta nei suoi pensieri, mentre compone una canzone, mentre si rammarica del figlio Giovanni morto di peste, di Laura, del fido copista Giovanni Malpaghini di Ravenna. Il copista e la canzone di Giovanni (da leggere Boccaccio) resteranno sullo sfondo per tutto il romanzo e ne saranno il leitmotiv nascosto. È dunque il resoconto di una giornata, di pensieri e ricordi; un nuovo 'Ulysses' contemporaneo.
Certo leggere di un poeta, di uno dei sommi poeti della letteratura mondiale, dedito alla flatulenza, all'incuria igienica, allo sproloquio, potrebbe far storcere il naso. Eppure, aldilà delle opere immortali, Petrarca era un uomo, e il romanzo del petrarchista Santagata ce lo restituisce in queste vesti. L’autore del ’Canzoniere’ è fatto anche di carne, di bisogni fisiologici, nonché di dubbi sul senso della vita e della religione, di ricordi, e di poesia. E si ha l'impressione, alla fine, che quest'ultima sia la condensa cremosa delle deficienze (ma lo sono davvero...?) di un uomo.
Colmo di dettagli biografici (chi li riconosce non può non sorriderne), il racconto scorre con piacere e curiosità. Con uno stile sincopato, difficilmente l'autore si lascia andare in periodi articolati, ipotattici. Il pensiero e le descrizioni quindi assumono un carattere conciso e, al contempo, spedito. Si ha la sensazione che ci sia poco spazio per la profondità (ma è un'impressione che scemerà via via). Uno stile che può in principio mettere ansia; poi, però, quando ci si abitua, quella sensazione diminuisce e si riesce ad addentrarvisi.
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