Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

26 set 2024

La filosofia della composizione - Edgar Allan Poe (Saggio - 1846)

"La mia preoccupazione successiva riguardò il tipo di suggestione o di effetto che intendevo suscitare nel lettore; e qui posso anche osservare che nell'architettura del tutto ho tenuto in considerazione l'idea di rendere il lavoro universalmente apprezzabile. Ma mi lascerei portare troppo lontano dal tema che sto trattando se volessi dimostrare un argomento sul quale ho ripetutamente insistito, e che - trattandosi di poesia - non ha il minimo bisogno di essere dimostrato; e cioè il fatto che la Bellezza è il solo legittimo criterio che regni nella poesia".


Quando si crea un'opera d'arte, sia essa una composizione musicale, un dipinto, una poesia, una qualsiasi forma di produzione artistica insomma, l’autore è invaso da una luce estatica? È preda di intuizioni frenetiche che gli calano dall'alto? Oppure lo stesso autore è mosso da un'intenzione, da un articolato pensiero che è figlio di riflessione, di tecnica, di selezione e di analisi?

Il grande scrittore americano, interessato a capire i movimenti della mente umana, quei meccanismi che la strutturano e la identificano, è convinto che l'opera d'arte, in particolare quella poetica, sia una necessità che nasce dal lavoro della mente e dalla tecnica di scrittura. Con il suo spirito polemico (e tendenzialmente sarcastico), contro una certa visione realistica, in questo saggio si diverte a screditare gli scrittori che per vanità si definiscono vittime di intuizioni e di ispirazioni che non dipendono da loro stessi. Nel definire la sua teoria, Poe analizza il momento di processo creativo, la scelta della storia, dei protagonisti della teatralità; descrive il suo modo di scrivere partendo da un effetto per poi edificarlo e svilupparlo con originalità (stilistica e narrativa). L'originalità, come si scriveva, non risiede nell’ispirazione del momento, ma è sinonimo di lavoro, di ponderazione, di calcolo. Un esempio? Il Corvo, la sua opera più celebre, ricostruita passo dopo passo come se fosse una dimostrazione matematica.

Il saggio risulta prezioso (e delizioso) anche perché Poe sintetizza le sue teorie sulla composizione letteraria: le opere poetiche, se vogliono essere efficaci devono essere brevi; si scrivono con metodo e analisi, non in preda ai fumi delle frenesie spontanee; le opere si scrivono quando si ha chiaro in mente il finale e soprattutto si sa quale effetto vuole provocare nel lettore.

Una confessione non soltanto intelligente, ma anche onesta di un autore che in tutta la sua straordinaria opera ha messo al centro il tema della verità, della bellezza e della passione in tutte le sue forme, da quelle più logiche a quelle più esistenziali ed emozionali. Un saggio che, al di là della sua dimensione letteraria, dovrebbe essere adeguatamente studiato dai tanti fantomatici artistici contemporanei che producono pasticci solo sotto la dettatura dell'ispirazione. 


Nota a margine. Durante la lettura del saggio, mi è venuto in mente Bufalino, il suo noto apprezzamento per Poe, le riflessioni e i resoconti sulla sua scrittura espressi in diversi saggi articoli e conferenze...

23 set 2024

Saggio sui dati immediati della coscienza (Henri Bergson - Saggio 1889)

"Respiro l'odore di una rosa, e subito confusi ricordi d'infanzia mi ritornano alla memoria. A dire il vero, questi ricordi non sono affatto stati evocati dal profumo della rosa: li respiro nell'odore stesso, che per me è tutto ciò. Altri lo sentiranno diversamente. - Direte che si tratta sempre dello stesso odore associato però a idee diverse. - Esprimetevi pure così, sono d'accordo; ma non scordate che, per farlo, avete prima eliminato le diverse impressioni che la rosa suscita in ognuno di noi, e ciò che esse hanno di personale; non ne avete conservato che l'aspetto oggettivo, ciò che, nell'odore della rosa, appartiene al dominio comune, e, per così dire, allo spazio. Del resto, è solo a questa condizione che si è potuto dare un nome alla rosa e al suo profumo".


Diviso in tre capitoli, i primi due sono, a detta del filosofo, di introduzione al terzo, quello rivolto al tema della libertà. Per noi, però, è il secondo il capitolo più interessante, quello dedicato al tempo come durata che si differenzia dallo spazializzato (tra le pagine più famose del filosofo francese). Andiamo per ordine. Contro il positivismo che voleva ridurre il funzionamento della psiche alle leggi della fisica, il primo capitolo è sugli stati di coscienza e sulla differenza qualitativa dell'intensità percettiva di stato di coscienza. Bergson, infatti, contesta i risultati degli esperimenti fisici e psicologici che i positivisti avevano compiuto per dimostrare che tutto era riducibile a fattori scientifici. Il francese, invece, insiste sulla qualità delle percezioni, sulla loro intensità nella nostra coscienza.

Il secondo capitolo, il più famoso e originale, è dedicato all'idea di tempo come durata. Il tempo per il filosofo, infatti, si può distinguere in tempo spazializzato, quantitativo e simultaneo (quello della scienza), e in durata (quella qualitativa della coscienza). Una trascrizione filosofica, con le dovute differenze, di quelle che saranno le intermittenze del cuore di Proust.

Il terzo capitolo, sul tema della libertà, è il risultato consequenziale dei primi due. Qui, viste le premesse, la libertà si contrappone alla causalità, il dinamismo della volontà contro il meccanicismo e il determinismo. L'attività dell'io per Bergson non può essere paragonata a quella di una qualsiasi forza fisica; il determinismo fisico, non può essere ridotto a determinismo psicologico.

Secondo il filosofo francese gli errori relativi alla questione della libertà nascono dalla confusione tra i termini di successione e simultaneità, di durata ed estensione, e ancora una volta di qualità e quantità. Non è un caso che nell’intero saggio Bergson insista continuamente su tale differenza, argomento spesso travisato specialmente dai positivisti. 

Un saggio accademico, ormai parte della storia della filosofia occidentale, un po’ vetusto forse; da correlare però alle pagine proustiane sul tempo perduto e ritrovato.

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