In questa confessione (trascrizione integrale di un’intervista rilasciata a Christian Bussy nel 1973 per una TV belga) Cioran descrive ciò che per lui è evidente: il nulla è la matrice e la fine dell'esistenza. In una tale cornice, l'attributo di nichilista risulta limitante, perché è nel nulla che Cioran ritrova il tutto.
Da questo atto di consapevolezza e di onestà, il filosofo lotta e sopravvive. Pascalianamente, gli uomini negano tale evidenza, ma Cioran no, osserva e resiste. Cosciente dell'infelicità strutturale dell'essere umano, dell'assurdo, Cioran intraprende una battaglia furibonda con se stesso e il mondo per non soccombere al tormento e allo stritolamento esistenziale. La filosofia diventa un farmaco quindi, la presa d'atto della propria natura. La scrittura in tutto ciò diventa un modo per non precipitare nella miseria dello spirito. E di fronte a tale vastità, nell'amicizia e nell'idea del suicidio è possibile trovare la possibilità della libertà. Così come in Bach o in Dostoevskij...
Con una prefazione di Antonio Di Gennaro, leggiamo una sinossi del pensiero del filosofo romeno; un osservatore del vuoto, dunque, uno scienziato del nulla.
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