Ne Alla ricerca del tempo perduto, secondo l'autrice, non siamo solo di fronte a un'immensa cattedrale gotica, ma anche a un'arca di Noè carica di animali. Messi in salvo da Proust-Noè, sono i suoi animali perduti, vissuti in vita o nelle sue letture, descritti in lettere, poesie, racconti e romanzi. Sono soprattutto bestie che per la loro stessa conformazione fisica non possono amare, che non possono nemmeno baciarsi, come balene, cervi o ricci. Persino lo stesso Proust è un animale, è un gufo per via delle sue abitudini che lo portavano a vivere la notte più che il giorno.
L'estrema sensibilità lo porta a pensare con orrore alla caccia, all'equitazione. Gli zoo sono motivo di sofferenza, come quello di Parigi che si staglia sullo sfondo dei ricordi con i suoi animali incatenati che hanno perso la loro storia e la loro sfida con il tempo.
Saggio tematico che rivaluta la presenza degli animali nell'opera proustiana (fino adesso ritenuta, invece, priva o quasi di riferimenti bestiari) e che li cataloga tutti dalla A di Alcione alla Z di zebra. Per ogni bestia è descritta l'evoluzione simbolica nel Tempo, perché tutti, chi più chi meno, subiscono una metamorfosi che permette all'autrice di analizzare la psicologia, tra simboli e condensazioni, dell'animale notturno Proust che vola solo dopo il crepuscolo.
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