"Solo con la creazione dal Nulla possiamo avere l'unicità del principio divino in uno con la sua autolimitazione, che dà spazio all'esistenza e all'autonomia di un mondo. La creazione fu l'atto di assoluta sovranità, con cui la Divinità ha consentito a non essere più, per lungo tempo, assoluta - una opzione radicale a tutto vantaggio dell'esistenza di un essere finito capace di autodeterminare se stesso - un atto infine di autoalienzione divina".
Per il credente, il problema del male è un tema sempre aperto. E ciò che è avvenuto ad Auschwitz (sintesi tragica della Shoah) rappresenta lo spartiacque della storia e della teologia; si può infatti parlare di un prima e di un dopo Auschwitz.
Jonas, filosofo di origine ebraica, in questo denso opuscolo dal sottotitolo "Una voce ebraica", si pone e aggiorna la stessa domanda che si era posta Giobbe nell'Antico Testamento: quale Dio ha potuto permettere ciò che accadde al suo popolo eletto ad Auschwitz? E il tentativo di risposta porta il filosofo a declinare una nuova lettura del racconto biblico della creazione. Un Dio, in questa nuova prospettiva, che si evolve, che via via prende consapevolezza di sé, che partecipa al divenire, che soffre. Un Dio più vero direi, più umano, ma diversissimo dal tradizionale mito greco-ebraico-cristiano, che, quindi, non è più perfezione e puro atto. Abbiamo così la rappresentazione di un Dio sofferente, che creando il mondo e l'uomo diviene. Da ciò ne consegue che gli attribuiti di bontà assoluta, onnipotenza e comprensibilità di Dio insieme non possano coesistere; almeno uno deve essere escluso. E Jonas estromette la proprietà dell'assoluta Potenza, giustificandosi con il silenzio di Dio ad Auschwitz. Dunque, il male senza colpa e senza peccato subito dal popolo ebraico, dal popolo eletto, non può ammettere tale qualità. Il silenzio del Padre, inoltre, si spiegherebbe con il libero arbitrio degli uomini. Dio, anche potendo, non può intervenire nelle cose del mondo, perché ha concesso agli uomini la libertà. Ne conseguirebbe che Dio sia impotente di fronte al male, e la sola responsabilità sia degli uomini, anche ad Auschwitz... È un nuovo messaggio religioso quello di Auschwitz, un evento sacro che, secondo Jonas, ci permette di conoscere sempre meglio il Creatore.
A me sembra, nonostante alcuni spunti originali come quello di un Dio che nel tempo cresce in consapevolezza, un modo malcerto di giustificare il problema della teodicea. Soprattutto in relazione al concetto di libertà. Una soluzione, quella del libero arbitrio, che non spiega gli attributi di bontà e potenza (anche se, è utile ribadirlo, per Jonas quest'ultima non è totale) che vengono affibbiati a Dio. Un creatore che in questo modo diventa minore e ambiguo; un artefice impotente a corrente alterna, che può scatenare la sua ira e punire il suo popolo quando e con la potenza che vuole, ma che non può salvarlo neanche quando è innocente di fronte alla storia.
L'opuscolo si chiude con un brevissimo discorso dal titolo "Il razzismo", importante solo perché l'ultimo pronunciato dal filosofo ormai novantenne e che pochi giorni dopo morì.
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