La notte - Elie Wiesel (Romanzo - 1958)
"Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la mia Fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l'eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto. Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai".
Ci sono libri che lasciano il segno, che sanno di educazione, quella vera. Questo romanzo, autobiografico, che dunque racconta un’esperienza reale, ne è un esempio. Amaro fino al disgusto e alla vergogna, estremo fino agli angoli più bui dell’animo umano, è un libro che, nel silenzio assoluto della riflessione, non può non lasciare nel petto dei brividi agghiaccianti.
Siamo in un villaggio della Transilvania durante la seconda guerra mondiale. Le angherie che subiscono gli Ebrei sono ancora accettabili e non potranno mai avere esiti peggiori, passerà in fretta la farsa organizzata solo per mettere paura, tutto si risolverà in un nulla di fatto; queste sono le sensazioni che gli abitanti del villaggio hanno; prima del disastro... Un senso di ottimismo attraversa gli animi degli uomini e delle donne, e del giovanissimo Eliezer, il narratore e protagonista. Eppure, velocemente, pesantemente, gli eventi si susseguono fino alla tragedia. Il giovane narratore, lentamente, perde quel sentimento di fiducia che si ha quando si è terrorizzati, lentamente raggiunge consapevolezza, lentamente perde la Fede in quel Dio che tanto desiderava conoscere. Quindi, raccontati con gli occhi di un quattordicenne, le leggi razziali dopo l'arrivo dei Tedeschi nel villaggio, il ghetto, la deportazione, Auschwitz. Poi il trasferimento in un campo di lavoro, a Buma, il lavoro, la fame, le botte, le impiccagioni, la morte di Dio, le selezioni, il fumo del camino, l'evacuazione, l'interminabile viaggio in treno fino a Buchenwald. Racconti, questi, che conosciamo, che abbiamo affrontato, tuttavia la testimonianza diretta lascia sempre un segno più profondo.
Il racconto è schietto, preciso. Le immagini che le parole trasmettono sono nette. Si vedono i volti affamati di questi che sono dei fantasmi più che degli uomini, si legge la crudeltà degli uomini tutti (vittime e carnefici), si cerca un Dio senza mai trovarlo se non nel corpo penzolante di un bambino impiccato...
Bellissima la relazione con il padre del narratore, sempre vicino al giovane figlio, sempre premuroso, ma le circostanze, con una velocità spaventosa, capovolgono il loro rapporto e il figlio diventa il padre. Una relazione onnipresente nel racconto, ma che alla fine si tinge di cattiveria e di vergogna. Stremati, prossimi alla fine di ogni speranza, è lo stesso Eliezer che sente tutto il peso del padre e, alla morte di quest’ultimo, sente il peso della liberazione.
Romanzo senza retorica (a parte alcuni momenti di esaltante consapevolezza), genuino nel suo sentimento. Commovente. Un libro, nella sua notte, educativo.
Nessun commento:
Posta un commento