"Coloro che non sanno trarre beneficio dalle loro possibilità di non-essere, restano estranei a se stessi: dei fantocci, degli oggetti provvisti di un io, assopiti in un tempo neutro, né durata né eternità. Esistere significa mettere a profitto la nostra parte d'irrealtà, significa vibrare al contatto del vuoto che è in noi. Al suo vuoto il fantoccio resta insensibile, lo abbandona, lo lascia consumarsi..."
Questi pensieri, più o meno lunghi e articolati, mostrano, e confermano, la lucidissima analisi che Cioran riesce a raggiungere nelle sue speculazioni. L'uomo, e il pensatore lo sa bene, non riesce a rassegnarsi. Naturalmente ha bisogno della rivolta; anche se si accorge che dietro i paraventi della vita c'è l'inutilità, c'è il non senso (e quindi sarebbe meglio rassegnarsi e beatamente dormire), l’uomo lotta e si rivolta, convinto che le proprie idee abbiano un velleitario fine. Siamo prigionieri del Tempo, non siamo capaci di saltare e liberarci, come se vivessimo nel delirio di un'attesa che ci spossa. Ecco che la storia diventa protagonista. Qui, o nel tentativo disperato di esserci dentro, anche gli stati e i loro spiriti nazionali vivono nelle pagine del libro. Francia e Inghilterra da una parte, già seduti nella storia, Russia e Spagna dall'altra, smaniosi di trovarvi posto; per esempio. Anche religioni come quelle cristiana ed ebraica hanno il loro cantuccio nella storia... Non mancano, infatti, le parole da dedicare ai divulgatori del cristianesimo. E se condanna san Paolo con espressioni feroci e schifate, esalta la figura di un Lutero che ha cercato di umanizzare una religione disumana.
Costellato di richiami alla filosofia orientale che predica la stasi e l'annullamento di sé, in questo gioiello di filosofia esistenziale (ma non diciamolo all'autore, magari l'etichetta non gli piace), Cioran sa quanto contraddittorio sia l'uomo. Oscillante tra la lucidità e la rassegnazione, tra la stasi e l'azione, l'uomo è figlio di un pendolo che detta rumorosamente il tempo e ha a disposizione solo un modo per vivere pienamente: nella sofferenza. Soffrire quindi, l'unico mezzo per rimediare al tempo e cogliere l'eterno.
Contro il romanzo e la sua verbosità, affascinato dalla solitudine dei mistici, Cioran si rassegna e scrive... E ci descrive un mondo, il mondo che abbiamo creato, grossolano, mostruoso. Allora le parole per raccontarlo si fanno amare, demolitrici. Ecco lo stile di questo libro.
Nell'esaltazione del nulla, del no, della solitudine, temi tanto cari quanto intimi, troviamo il vissuto del filosofo. Esistere veramente è saper dire di no, è assumersi la responsabilità del nulla, della morte, insomma della terribile ricerca di verità.
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