"E' stata una lotta, interrotta soltanto per esaurimento di classi scolastiche, una fatica a tratti lacerante, che non ha dato frutti proporzionati. L'Italia è oggi un paese di quaranta o cinquanta anni più recente, più giovane: strano, invece di invecchiare il paese sembra ringiovanire. Ma come ringiovanisce male..."
Un libro sull'educazione dunque. Un libro il cui scopo è definire i limiti dell'educazione scolastica, il ruolo dell'educatore e dell'allievo, di ieri e di oggi. Per farlo il testo diventa un romanzo che nella memoria, tema centralissimo dell'autore veneto, raccoglie ricordi e pensieri, e come fiori del passato li trapianta in nuovi vasi. Quelli raccontati sono gli anni delle medie, del liceo, dell'università negli anni Trenta, assorbiti in un sistema ideologicamente ben definito.
È bene notare, però, che le riflessioni sono di un professore, di un filosofo, di uno scrittore, e le domande, che sono più delle risposte, hanno la peculiarità di essere profondamente sentite. Il protagonista, S., infatti non è altro che lo stesso autore e i ricordi quelli di quando era uno studente. Si percepisce un senso di malinconia, come se l'autore fosse combattuto nel ricordare gli anni scolastici dell'adolescenza. Dal racconto degli studi, si nota quanto S. nel frattempo cresca in consapevolezza e come tale crescita sia alla base dei suoi futuri interessi verso la lingua e la filosofia. Tuttavia non ci sono eccessivi slanci emozionali, a tratti sembra che i ricordi siano definiti e ben visibili all’occhio dello scrittore. Questa determinazione, a differenza della risposta sulla definizione di educazione che risulterà volutamente e ambiguamente volubile, si riflette in qualche modo nello stile. L'incedere non è regolare. Se le prime pagine sono lente e scostanti, via via che la lettura si compie, il passo si fa più furtivo e alcune pagine riescono a rubare un sorriso d'emozione. Il ricordo degli insegnanti, ad esempio, è secco, quasi categorico. I loro ritratti, allo stesso modo di quelli dei compagni che si succedono nel racconto, sono fulminei, direi quasi inappaganti. Tranne che per alcune pagine, alcuni momenti, alcuni ricordi… Insomma, per essere un libro di Meneghello, lo stile è asciutto e anche l'ironia sembra meno presente rispetto ad altri suoi scritti che conosciamo. Alcuni termini inglesi, inoltre, disseminati soprattutto all'inizio del libro, disturbano e irritano. Sarà un mio limite, ma non si capisce il perché siano presenti, così come non si capisce perché presto ne abbandona quasi del tutto l’utilizzo.
Romanzo, memorie, riflessioni, aneddoti, documento, tutti insieme ne fanno un libro sui generis, un libro per riflettere sull’educazione e sulla crescita.