Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

27 ott 2014

Il funesto demiurgo - Emil Mihai Cioran (Saggio - 1969)

"Per un malinteso inesplicabile l'esistenza è stata dichiarata sacra, non solo non lo è, ma anzi vale nella misura in cui ci si adopera a disfarsene. Tutt'al più è un accidente - un accidente che ognuno, piano piano, converte in fatalità. Quando si sa con che cosa si ha a che fare, c'è da arrossire per essere ad essa così attaccati, e nonostante ciò attaccati le siamo grazie a un lungo e insensibile processo che porta anche i più avveduti a prenderla sul serio".

L'idea della creazione, di questa creazione, è imbarazzante. È insostenibile che il creatore di siffatta scandalosa creatura, l'uomo, possa essere un dio buono. Per ciò il dio che ha creato l'universo non può che essere maledetto, infelice, cattivo, funesto appunto. Il bene è apatico, chiuso in se stesso, autosufficiente, e non avrebbe avuto bisogno di creare; il male, invece, è movimento, dinamismo, intraprendenza, bisognoso di crearne di nuovo, di creare l’universo e l’uomo. Da qui l'invito di Cioran a non generare più, tanto, purtroppo e inesorabilmente, qualcuno riuscirà sempre a incatenarsi alla stoltezza e il rischio (o l'augurio) dell'estinzione sarà superato.
Le riflessioni del filosofo apolide sono dedicate alla definizione del creatore. Le sue speculazioni, però, non nascono solo da ciò che si può facilmente osservare, dal male che regge il mondo, ma anche dalla sua condizione esistenziale, la condizione sua e dell'uomo. La descrizione di un uomo che è propenso al male, che non ha un posto ben definito nella sua esistenza, che sfida un creatore a sua volta indefinito, indefinibile e per nulla onnipotente. Dinanzi a questo male, a questo dolore, a questa vita assetata, la scelta della morte apparirebbe come una sorgente dissetante. Il capitolo dedicato al suicidio (a me pare quello dei tentativi dello stesso Cioran) è il più notturno, il più profondo, forse il più vivo, il più gnostico, il più metafisico, il più orientale. L’elogio della morte, dunque, come soluzione e liberazione che fa da contraltare al disastro della generazione, della nascita, della vita.
Quasi feurbachianamente, Cioran, studiando il male del mondo e accusando Dio (il Dio onnipotente dei monoteismi, sinonimo di intolleranza, tanto da essere nel suo nome l'artefice di feroci religioni che non lasciano spazio al nuovo) analizza se stesso e l'uomo. Dalla teologia all’antropologia dunque.

Un libro che pone domande che dovrebbero lasciarci svegli la notte, un libro che mira al nirvana, all'assenza di ogni cosa, dove l'uomo è silenzio e nulla. Un libro sulla nostra condizione anche, sulle nostre paure di conoscere e capire quanto insignificanti siamo; per aprire gli occhi, restare svegli, e poi ritornare a chiuderli e lasciarci dominare dagli eventi e dalla storia.
Un libro feroce, funesto, per spiriti attenti e duri; bellissimo.

1 ott 2014

Viaggio in Sicilia - Johann Wolfgang von Goethe (Diario - 1816)

"L'Italia, senza la Sicilia, non lascia alcuna immagine nell'anima: qui è la chiave di tutto. Del clima non si dirà mai bene abbastanza; ora è tempo di acquazzoni, che però non sono mai insistenti; quest'oggi tuona e lampeggia, e il verde si fa sempre più acceso. Il lino in parte mostra i suoi noduli, in parte fiorisce di già. Negli avvallamenti sembra di vedere delle pozze d'acqua, tanto bello è il verde-azzurro del lino sul fondo".

Tratto dal "Viaggio in Italia", scritto quasi trent'anni dopo il tour del poeta tedesco, il capitolo dedicato alla Sicilia è semplicemente appassionato. Queste pagine descrivono un viaggio desiderato, anelato per lungo tempo, e hanno gli occhi della meraviglia. La Sicilia, l'isola preda di conquiste e traboccante di bellezza, è ammirata con la stessa ingordigia di un bambino che scarta il suo regalo.
Affascinato dalla storia che trasuda su ogni pietra della Sicilia, affascinato anche dalla natura selvaggia di questa terra al centro del mondo, Goethe ne rimane incantato. I commenti sono entusiasti, le definizioni sono esaltate, eppure non mancano le descrizioni scientifiche, geologiche in particolare, della natura che incontra. Spicca allora il Goethe geologo, naturalista, fisico; il poeta che quasi prova a rendere e a fissare la bellezza delle meraviglie che osserva in modo oggettivo.
Goethe visita l'isola dai primi di aprile del 1787 alla metà di maggio dello stesso anno, i mesi più belli, quando la primavera esplode con i suoi colori e l'estate con i suoi tormenti non si è ancora scatenata. I monumenti sono incastonati nei paesaggi naturali e Goethe, rapito in estasi, ne assapora le voluttà.
Palermo e le sue feste; Bagheria e la sua sconcertante villa dei mostri; Monreale; Alcamo; Segesta e il suo magnifico tempio; Girgenti e la sua valle; Catania e il suo vulcano; Messina e le sue rovine dopo il terremoto, descrivono una terra e una visione dal carattere sentimentale; un libro felice.

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