Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

24 mar 2013

Enrico IV (Parte prima) - William Shakespeare (Teatro - 1597)


"Morire è contraffare, perché chi non ha in sé la vita, chi non ha vita d'uomo, non è se non la contraffazione d'un uomo. Ma contraffar la morte, invece, quando proprio col contraffarla un uomo riesce a vivere, questo no, no, non è contraffazione; al contrario ciò è per l'appunto la verace perfetta immagin della vita".

Siamo nel 1402, quando un tormentato Enrico cerca di preparare un viaggio a Gerusalemme. Tuttavia le rivolte gallesi e scozzesi (capeggiate le prime da Owen Glendower, vincitore sulle truppe inglesi del conte Mortimer poi passato al nemico, e le seconde dal conte di Douglas, vinto dal conte inglese Percy, fratello di Mortimer), contrarie alla monarchia inglese non permettono al sovrano di realizzare il suo viaggio. Inoltre il principe Enrico di Galles, il futuro Enrico V, con l'amicizia poco raccomandabile di Falstaff, un pingue cavaliere vanaglorioso e spaccone, e le sue giornate trascorse a gozzovigliare e a baloccarsi in losche taverne, non rasserena l'umore già cupo del padre. Su tutti però a preoccuparlo è il conte Percy, detto "Spaccone Ardente", vincitore come scritto sul fronte scozzese, che si rifiuta di consegnare i prigionieri al re. Percy rompe così l'alleanza e si accorda con gli scozzesi stessi e con il fratello sconfitto che, dopo l'assassinio di Riccardo II da parte di Enrico, sarebbe dovuto essere il re d'Inghilterra. È inevitabile la guerra, nonostante i vari tentativi diplomatici del sovrano. Scoppia la battaglia, sul campo il principe Enrico si redime agli occhi del padre, riesce a uccidere il valoroso Percy, mentre le milizie del re sconfiggono definitivamente gli insorti.

Il re Enrico, in verità, non sembra il vero protagonista di questo dramma storico. L'attenzione pare rivolta soprattutto sulla figura del giovane principe e sul suo volgare compagno di avventura, Falstaff. Lo stesso conte Percy pare abbia un ruolo non secondario in tutta la storia. 
Sono le preoccupazioni del re, insomma, a essere le vere protagoniste. Un Enrico tormentato dal passato, dal presente, dal futuro.

21 mar 2013

La gaia scienza e Idilli di Messina – Friedrich Nietzsche (Pensieri – 1882)


"Dopo che Buddha fu morto, si continuò per secoli ad additare la sua ombra in una caverna - un'immensa orribile ombra. Dio è morto: ma stando alla natura degli uomini, ci saranno forse ancora per millenni caverne nelle quali si additerà la sua ombra. - E noi - noi dobbiamo vincere anche la sua ombra!"

Gli idilli dedicati alla città di Messina, che introducono il libro che annuncia Zarathustra, sono canti alla libertà, canti della vittoria dopo la notte; poca cosa direi…
“La gaia scienza”, invece, è un labirinto del genio, un libro non fanatico, ottimista, libero, gaio appunto. Qui l’inno è alla verità, alla felicità di fronte alla dimenticanza. Nietzsche sa che la verità è infernale, dunque per vivere sereni dobbiamo dimenticarla e solo così potremo guarire dal dolore che affligge l’uomo. Da notare però un passaggio: soltanto dopo aver colto la verità, l’inferno, il dolore, si potrà avere diritto alla convalescenza e si potrà sperare in una nuova vita.
Un libro scettico di fronte alla possibilità di intendere il fine, lo scopo dell’esistenza; contro l’utilitarismo, il socialismo, l’uguaglianza, la certezza illuministica; sull’arte, sull’apparenza, sulla donna, sugli antichi greci, su Dio e la sua celebre morte, sulla ricerca di sé, sull’amor fati, sull'eterno ritorno, sul nichilismo; in sostanza un compendio della filosofia nietzschiana. È un fiume in piena, una morale rivoluzionaria (altro che Kant) che nasce dal profondo, dalla psicologia, che con le sue acque devasta il passato e dai suoi resti lascia intravedere nuove strade, nuovi sentieri da percorrere fino all’infinito e poi scoprire che si ritorna nello stesso punto di partenza.
In un libro non facile, i pensieri nietzschiani hanno solcato un’anima immensa, un abisso. Sembra quasi un’appendice a Montaigne. Nietzsche si è fissato davanti a uno specchio, per ore, per giorni, per anni, per secoli e, squartandosi, ha scovato un’essenza vuota, menzogne su cui l’uomo ha edificato chiese, società, civiltà, la storia tutta. E, senza perdesi d’animo, ha visto oltre il presente, oscillando tra l’inferno del mondo e il paradiso della speranza, e per questo si è reso postumo.
Un libro superbo, che odora di sentimento…

10 mar 2013

Il delta di Venere - Anaïs Nin (Racconti - 1969)


"Fingendo colpa e vergogna, si gettò contro le ginocchia del frate e piegò la testa come per piangere, ma in realtà il contatto con la nappa l'aveva portata all'orgasmo ed era scossa dai fremiti. Il frate, credendo che fossero dovuti al senso di colpa e di vergogna, la prese tra le braccia, la fece alzare dalla sua posizione in ginocchio, e la confortò".

Scritti su commissione, i racconti erotici di Anaïs Nin narrano di seduttori, donne lascive, prostitute, preti morbosi, ragazzini curiosi, ermafroditi; un carosello di amori incestuosi, pedofili, omosessuali, necrofili.
Nei suoi "Diari" la scrittrice si lamenta che siano racconti quasi privi di poesia, che siano solo resoconti clinici, pornografici più che erotici. Ma la prospettiva delle storie è femminile, è quella della scrittrice, e la poesia, il sentimento trapelano con un certo vigore tra le parole, tra le ossessioni, le depravazioni, le fantasie dei personaggi. È vero, non c'è molto spazio per l’invenzione, per la riflessione, per la filosofia; le storie in sé non sono ben articolate né memorabili, le semplici trame sono quasi cornici ai racconti. Sono gli atti sessuali veri e propri i reali protagonisti. Ciò che conta è l’amplesso, la soddisfazione del desiderio, null'altro che desiderio e passione; sconfiggere la noia… 
Curiosità: i personaggi dei singoli racconti spesso ritornano negli altri, sicché il libro si può leggere come fosse un romanzo frammentato.
Sono racconti pornografici per lo più, anche se scritti con una certa eleganza; un libro, in breve, non per tutti.

5 mar 2013

Pensieri sull'interpretazione della natura - Denis Diderot (Pensieri - 1753)


"L'intelletto ha i suoi pregiudizi; il senso, la sua incertezza; la memoria, i suoi limiti; l'immaginazione, i suoi sprazzi; gli strumenti, le loro imperfezioni. I fenomeni sono infiniti; le cause, nascoste; le forme, forse, transitorie. Contro tanti ostacoli che troviamo in noi e che la natura ci oppone al di fuori di noi, non abbiamo altro che un'esperienza lenta, una riflessione limitata. Ecco le leve con le quali la filosofia si è proposta di smuovere il mondo".

Questa breve raccolta di pensieri focalizza l’attenzione sul metodo della scienza sperimentale. Anticipando idee e prospettive modernissime, in una, ovviamente, visione laica, progressista, non teologica e fissata su modelli superati e inadeguati, Diderot spiega l’esperienza come infinita ricerca empirica, mai sazia, alla ricerca di cause ed effetti che ancora non sono alla portata dello scienziato. Il lavoro sperimentale però non è per il filosofo solo un semplice fatto di tecnica, è anche autoeducazione, apprendimento infinito di conoscenze sempre nuove, che inevitabilmente modificano lo stesso scienziato. I limiti dell'uomo sono i limiti della scienza. Naturalismo e umanesimo dunque conciliati… 
C'è tutta una tradizione di empiristi dietro queste pagine. Inglesi e francesi in coalizione contro altri inglesi e francesi…
È evidente che gli esempi "scientifici" che Diderot riporta sono, oggi, ridicoli, ancora legati a una tradizione metafisica non facile da eliminare. Anche per questo, resta un'opera a tratti difficile, oscura, imbastita di astrusi momenti metafisici.

2 mar 2013

Senza Dio - Giulio Giorello (Saggio - 2010)


"Un conto è se alla fine non mi suicido, perché è riemersa nella mia mente l'idea che la vita è dono di Dio e io non ne sono padrone, altro è se un potere invasivo della privacy ha inviato in casa 'mia' dei poliziotti che mi impediscono di farla finita (come se la 'mia' vita appartenesse a uno Stato che ha su ciascuno dei suoi 'figli' patria podestà di vita e di morte)".

E se Dio non esistesse? Se fosse solo una favola? Una meschina bugia? Come potremmo allora vivere senza sottometterci al divino, senza sopportazione e reverenza? Dovremmo, mi pare ovvio, vivere e lottare da soli, pensando a noi stessi come dio. Sperimentare la libertà, dunque, per il piacere della scienza e dell'arte, gustare – come nel sottotitolo – il "buon senso dell'ateismo". Ne avremmo dei vantaggi? Di certo saremmo liberi nel vero senso del termine, senza vincoli, senza catene; uomini. Allora, anche se Dio esistesse, sarebbe meglio vivere la nostra vita in una prospettiva atea, come se non fosse lì, nell'alto del suo regno a spiarci e a comandarci con la sua gelosia e il suo amore. 
Il male che può essere inflitto dagli estremismi, lo sappiamo, è superiore a qualunque atrocità immaginata. Questo diventa un libro, con una vasta bibliografia finale per essere un saggio divulgativo, che non solo si rifà alla storia per commentare le barbarie commesse in nome di Dio, ma che utilizza fonti e scandali ancora attuali, come la pedofilia, gli insabbiamenti e le contraddizioni delle encicliche propinate dagli ultimi papi (si sarà capito che gli strali sono per la maggiore contro il cattolicesimo) per mostrare quanto male si possa compiere partendo da un’idea che di chiaro non ha nulla. Il filosofo Giorello si propone di suggerire consigli, di dibattere e di mostrare e dimostrare le contraddizioni degli estremismi e, senza apparire irriverente, la maleodorante retorica della tolleranza (che tra l'altro i filosofi conoscono meglio perché è idea che è stata sviluppata da loro contro i massacri intolleranti della religione...). È un libro - ricolmo di continue citazioni che un po’ possono stancare - contro il fanatismo, sia esso religioso sia esso ateo; è un saggio contro l'autorità, la riverenza, la sottomissione, la rassegnazione; è un saggio a favore della libertà, della tolleranza, della razionalità, della scienza che nel rapporto con la fede ne esce vittoriosa. Su quest’ultimo rapporto, in particolare, se le religioni guardano a un insieme di libri snaturati e appassiti, i quali rivendicano verità assolute che poi non sanno giustificare se non con sofismi e fanatismo, la scienza guarda alle verità probabili, all’onestà del dubbio quali antidoti contro la sottomissione e la rassegnazione.

Insomma e se anche Dio esistesse, il metodo dell'ateo, il metodo del dubbio, è di gran lunga preferibile.

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