Presentazione


Presentazione

Questo spazio è dedicato agli appunti, alle briciole di recensione irrazionali, che colgo, da lettore appassionato e spesso rapsodico, nei miei viaggi verso la lentezza e la riflessione. Briciole di recensione irrazionali dunque.

Briciole perché sono brevi, a-sistemiche, frammentarie, come un certo spirito moderno pretende. Non sono delle vere recensioni. Queste hanno uno schema e una forma ben precisa, mentre i miei sono più che altro appunti colti sul momento, associazioni d’idee, giudizi dettati dalle impressioni di un istante, da una predisposizione d'animo subitaneo, da un fischio di treno... E perciò li definisco irrazionali. Perché sfuggono da un qualsiasi schema predefinito, perché sono intermittenti, perché nella scelta di un libro, per via di una congenita voracità, spesso non seguo linee e percorsi definiti dalle letture precedenti, ma mi lascio trasportare dagli ammiccamenti o dalle smorfie di sfida che un libro sulla mensola della libreria mi lancia.

È un modo insomma di coltivare, di giocare, di prendere vanamente in giro la memoria, per conservare, catalogare e archiviare frammenti di ricordi e suggestioni che un giorno, magari, potranno farmi sorridere e, perché no, commuovere.

30 nov 2010

La persuasione e la rettorica - Carlo Michelstaedter (Saggio - 1913)

"Così l'uomo nella via della persuasione mantiene in ogni punto l'equilibrio della sua persona; egli non si dibatte, non ha incertezze, stanchezze, se non teme mai il dolore ma ne ha preso onestamente la persona. 'Egli lo vive in ogni punto'"

Particolarissima tesi di laurea di un giovane ventitreenne, il quale, dopo averla conclusa, si tolse drammaticamente la vita. E, forse, si potrebbe pensare che le speculazioni sull’argomento della tesi non siano del tutto estranee alla sua scelta di morte…
Con uno stile ampolloso, carico di entusiasmo giovanile, dove abbondano i richiami e le citazioni in greco, e i periodi hanno le vesti delle sentenze (sono aforistici il più delle volte e nella loro categoricità e assolutezza possono non essere apprezzabili...), questo libro non è di certo una tesi di laurea! I toni sono accesi, vivaci, sentiti, retorici.
Secondo il goriziano, la 'persuasione' è la difficilissima consapevolezza dell'uomo che la vita è anche la morte, con tutto ciò che di lacrimevole ne può derivare. La persuasione è possessione di tale cognizione, di tale dolore. La 'rettorica', invece, è la parola, la società che abbellisce e occulta la ‘persuasione’ rendendo gli uomini ciechi e fintamente felici.
Sviluppando Schopenhauer e anticipando Heidegger, il giovanissimo scrittore indica nella noia la spinta che ci porta alla coscienza di essere nel mondo: di essere soli. La ricerca del piacere da parte dell’uomo  è uno degli strumenti per vivere la vita, gli permette di cogliere anche il futuro, ciò che può piacergli o dispiacergli. Nel piacere, perciò, l'uomo vede se stesso nel presente e nel futuro. Ma la vita non è infinita, il futuro ha un limite… Non tutti gli uomini sono in grado di giungere alla persuasione di ciò che sono. È la rettorica a camuffare l'impossibilità, la difficoltà di persuasione; è il velo che copre la verità, l'essenza, per dirla scolasticamente, dell'esistenza: è la parola, la metafisica, la scienza, le relazioni e le convenzioni sociali, la tecnologia, persino lo sport... La volontà d’illusione, la ricerca del piacere, il bisogno della certezza eclissano la persuasione.
Nell'esaminare la 'rettorica', il filosofo diviene sempre più scettico, sempre più lontano dalla possibilità per l'uomo di sapere, di essere consapevole di ciò che è in realtà. Conoscere se stessi è conoscersi innanzi alla morte che noi partoriamo costantemente; e non tutti sono disposti a comprenderlo.

È in fondo una tesi sulla storia del pessimismo, su quegli autori che hanno catturato tutta la drammaticità dell'esistenza. Michelstaedter si misura soprattutto con i presocratici, Parmenide ed Empedocle su tutti, con Buddha e Gesù, con i tragediografi Sofocle ed Eschilo, con Petrarca, con Leopardi (di nascosto anche con Nietzsche), ponendo l’accento sin dalla 'Prefazione' quanto il tema della 'persuasione' fosse già stato trattato e, per via della 'rettorica', di nuovo obliato nella storia del pensiero.

24 nov 2010

Tutt'e tre - Luigi Pirandello (Racconti - 1924)

"Eh via, no: fino a questo punto, no, povero Carluccio mio! Sei stato proprio sciocchino. L'ombra, vedi, l'ombra si può calpestare: zio Florestano e la mammina tua la calpesteranno un giorno l'ombra di tuo papà sicuri di non fargli male, poiché, in vita, si saranno guardati bene dal pestargli anche un piede"

Quasi tutti i racconti narrano di tradimenti, di condivisioni, di comunanze affettive o materiali, che però hanno un che di sereno. Soltanto l'offesa della separazione può tramutarsi in vendetta, in oltraggio. Persino nelle scappatelle, negli amori poligami, alla fine, si può trovare del bene. E non è un caso che in queste storie, nel confronto tra i più agiati e gli umili, non sempre siano i primi a vincere sugli altri.
Abbiamo ancora Verga, almeno per lo stile e le atmosfere paesane e sociali, sullo sfondo. Il tema della 'roba' - tra gli altri - però si dilata e in questo processo evolutivo c'è posto per la solidarietà; come nel racconto che dà il titolo alla raccolta, 'Tutt'e tre', nel quale una madre, una sposa e un'amante, insieme, piangono il loro uomo. Non assistiamo più a un attaccamento alla materialità, ossessivo e snaturato, c’è piuttosto un sentito solidale, un sentimento di partecipazione, verso le cose e non, che nello scrittore di “Mastro don Gesualdo” non troviamo. Quindi se Verga è sull’orizzonte, lì rimane e il suo superamento è apprezzabile senza sforzo.
Una marsina stretta, due uomini che s’insultano, un prete che maledice un uomo fedifrago, una donna gigante che sposa un nano, un uomo che nel sonno ride omericamente, nel loro umorismo c'è tutta la potenza dello scrittore siciliano. Nascondersi dietro una risata appare all’autore il miglior modo per rappresentare la contraddizione, la durezza e il dramma dell'esistenza. È un gioco a nascondere, perché anche la verità si beffa di noi: si cela, a sua volta, dietro i paraventi di una situazione particolare, oppure dietro la riflessione ingenua di un bambino…
Racconti che dimostrano, rispetto ai precedenti, una maturità piena, un equilibrio quasi perfetto.

22 nov 2010

L'Altrieri - Carlo Alberto Pisani Dossi (Romanzo - 1868)

"Pensate dunque quanto se ne dovesse tenere un giovanottino fuggito appena dal materno capèzzolo, sentèndosi il favorito di un ìdolo dei meglio incensati, vedèndosi su la di lui nera mànica il più rotondo sodo avambraccio che mai portasse smaniglie!"

Dal sottotitolo 'Nero su bianco', questo scritto del prosatore lombardo è difficile da definire. Tra l'autobiografia e lo sberleffo, tra il romanzo e la raccolta di racconti, Dossi conduce il lettore nelle sue pagine, nostalgiche e al contempo umoristiche, sfruttando tutta la potenza e la sottigliezza della parola. Purtroppo la grevità dello stile e soprattutto l'ingenuità narrativa, se in un primo momento possono galvanizzare, poco dopo stancano e svincolano facilmente dalle pagine il lettore che ha bisogno di leggere soltanto una storia.
Una storia d'amore tra fanciulli, un'esperienza scolastica di un ragazzo già dedito alla malinconia e al romanticismo, i rituali di passaggio dall'infanzia all'adolescenza: questi, proustianamente ante litteram, i capitoli principali raccontati. In questo crescendo di consapevolezza e maturità, la memoria, i ricordi rappresentano il teatro entro cui la storia si sviluppa. In tutto ciò, è sentito vivamente il pensiero del ricordo; sembra che senza di esso, attuale, vivo, la vita, il presente, abbia poco senso. Non sono temi originalissimi, è indubbio; eppure riconoscere che la riflessione sia di un diciottenne, espressa e meditata in un certo stile (spontaneo a tratti, ma non per questo vago e agro), è efficace, e permette di gustare la volontà dell'autore.
Il diciottenne Dossi imbastardisce l'italiano con il dialetto lombardo e ne risulta una commistione preziosa, spesso sonora, ma, ovviamente, ne risente la fluidità della lettura. È dunque un libro, un autore da leggere solo se si ha passione per le sperimentazioni lessicali, per il bello stile, per il gioco delle ambiguità linguistiche. Un laboratorio, un’aula di ricerche e alchimie non facili da cogliere…

Parliamo d'amore - Giovanni Marchioni (Saggio - 2008)

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20 nov 2010

L'uomo duplicato - José Saramago (Romanzo - 2002)

"Le quattro isole si sono unite, l'arcipelago si è ricomposto, il mare s'è franto tumultuoso contro gli scogli, se lassù ci sono state grida le hanno lanciate le sirene che cavalcavano le onde, se ci sono stati gemiti nessuno è stato di dolore, se qualcuno ha chiesto perdono, che sia stato perdonato, ora e per sempre"

Un depresso e annoiato professore di Storia, Tertuliano Máximo Alfonso, il protagonista, scopre su una VHS un attore che gli somiglia, anzi gli è identico in tutto e per tutto. Inizia perciò un’estenuante ricerca che lo porterà a trovarsi di fronte non a un sosia, bensì a una copia perfetta di se stesso. Dai nei sul braccio, alla cicatrice sotto il ginocchio, alle dimensioni del pene. Sono diversi, tuttavia, i caratteri dei due cloni; caratteri che li porteranno dapprima a una curiosità quasi morbosa, poi a uno scontro…
Gli spunti di riflessione che nascono dalle situazioni paradossali, dai ragionamenti che il narratore introietta nei protagonisti, non mancano. E la profondità con la quale sono affrontati, senza nulla di grave e faticoso da capire, arricchiscono la lettura e lo spasso nel leggere l'opera saramaghiana. In questo romanzo, in particolare, è pregevole la caratterizzazione psicologica del protagonista e il tema del doppio, seppur ormai non originale e forse esaurito nella sua potenza speculativa, si veste di abiti nuovi. Il doppio si manifesta sin dalle prime pagine; il colpo di scena è immediato e la storia vive di altre ricerche, meno scenografiche se vogliamo ma più lente nella riflessione, nel gioco tra la storia e la semantica del messaggio.
Lo stile, che si appesantisce (e abbellisce) di lunghi e sfibranti periodi ipotattici, è studiato per specchiare la volontà, la determinazione, ma anche la paura e l’esitazione del professore di Storia nel voler conoscere il suo doppio. E così si fa estenuante la preparazione dell'incontro tra i due che, solo alla fine, li porterà a battersi con il loro destino.
Siamo abituati ai paradossi, alle situazioni impossibili nei romanzi di Saramago, e questi non ci meravigliano. Idee sempre ingegnose, dense di significati rilevanti, eppure il tema del doppio, dell'identità, temi moderni e ormai classici (sic) affrontati con maestria e originalità, forse hanno già consumato il loro contenuto e la loro spinta riflessiva.

7 nov 2010

Il Risorgimento italiano - Alberto Mario Banti (Saggio - 2004)

"La lezione di Cavour è limpida; ma l'eredità del Risorgimento è ambivalente, contiene l'una e l'altra opzione, il disprezzo nei confronti della rappresentanza parlamentare e la sua valorizzazione. E [...] questa ambivalenza non è la meno importante delle eredità del Risorgimento"

Attento a tenere chiare e distinte le definizioni di 'Risorgimento', 'Nazione', 'Unità', il prof. Banti si cala nella parte dello storico di professione. Si pone delle domande, studia le fonti per trovare le risposte e, una volta trovate, le interpreta convincentemente.
Per l'autore, il Risorgimento italiano, il processo che portò l'Italia all'unità nel 1861, ebbe inizio negli anni delle vittorie napoleoniche del Triennio Repubblicano (1796 - 1799). È in questo periodo che si sono rafforzate e maturate le basi intellettuali dell’idea di Italia unita. Ma se il Triennio ha posto, soprattutto nelle persone colte, i presupposti per una discussione crepitante sull'archetipo Italia, quello austriaco della Restaurazione ha invece dato il la alle azioni concrete. Il saggio quindi - evidenziando pure le difficoltà del momento, la frammentarietà delle riflessioni e delle azioni, le spaccature profonde tra 'patrioti' e 'reazionari', tra centralisti e federalisti - passa in rassegna i moti, le guerre d’indipendenza con piglio da manuale scolastico. Resta comunque centrale in tutto il saggio, come si scriveva, il ruolo dello scontro tra le diverse posizioni e soluzioni politiche. E non poteva essere altrimenti. I dibattiti via via crescenti (contrari e non), le manifestazioni tendenti all'unità, i bisogni di significati (non per forza legati all'economia) si susseguono in un periodo in cui il pensiero, le speranze degli italiani si destano dal sonno che li ha visti disuniti. Opposizioni, dissensi, sette segrete, opere letterarie, differenze tra città e campagne, insurrezioni, dibatti sulla forma: in sintesi il processo risorgimentale che si è alla fine espresso in unità.
Il testo si chiude con una rilevante sezione dedicata ai documenti più importanti e significativi degli anni risorgimentali.
Il volume è spesso manualistico, quasi assenti le raffinatezze dei particolari che divertono il lettore; è comunque un buon libro, specialmente per rinfrescare la memoria su un momento storico che ancora oggi sembra attuale.

2 nov 2010

Pasto nudo - William Seward Burroughs (Romanzo - 1959)

"Se ne stava lì nell'ombra dell'aula del tribunale, la faccia come una pellicola strappata, stravolta dalla voglia e dalla fame di organi larvali che brulicano nell'incerta carne ectoplasmatica del tossico (dieci giorni al fresco all'epoca della Prima Udienza), carne che svanisce al primo tocco silenzioso della droga"

Frammenti di ricordi, di resoconti deformati dalle droghe, di personaggi immaginari e sfuggenti, si condensano nelle pagine senza perno di questo romanzo-cronaca delle allucinazioni di uno scrittore americano che, nelle droghe, ha cercato il senso della sua esistenza. Un senso che però non ha gravità alcuna (sebbene la "normalità" non ne abbia allo stesso modo; ma questo è un altro problema...), che precipita verso i baratri dell'assurdità, dell'apatia, dell'autodistruzione.
Testamento della 'beat generation' americana, con quel suo senso di inutilità, di nullità, di sconsideratezza, di abbandono alla vita, senza mete, di grigiore esistenziale (non descritto né, nell'intimo, pensato, ma solo superficialmente supposto...), il vorticoso racconto di Burroughs, come una foglia secca, si lascia andare alla volontà del vento degli eventi.
Non è possibile raccontare la trama del romanzo, non è nemmeno possibile capirne fino in fondo le diverse relazioni tra i personaggi; la frammentarietà, la non immediata associazione di ricordi, le strascicanti pagine dei flussi di coscienza, la deformazione del senso comune del concetto di realtà: tutto è confuso, onirico, visionario, allucinato. È, infatti, un resoconto fedele della tossicodipendenza, un resoconto contro la tossicodipendenza. E nel fondale melmoso della malattia c'è il caos dell'apatia, il subbuglio del nulla che bolle ma che non evapora.
Notevoli, per stile e crudezza, i brani, e sono diversi, che descrivono amplessi e perversioni sessuali.

In fin dei conti, un libro fastidioso, senza impulsi di riflessione particolari, volutamente caotico e per questo poco attraente; un libro della 'beat generation' che di certo farò fatica a ricordare.

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